Che cosa sai del Mondo?, le chiesi.

Tutto quel che c’è da sapere!, mi rispose.

La guardai con lo sguardo arrogante di un uomo che non ha risposte, e la giudicai un po’ eccessiva nella sua sicurezza.

Ah si?, le dissi, quindi tu sai tutto quel che c’è da sapere? Interessante! E cos’è che sai di preciso?

So che non c’è niente da sapere sul Mondo, rispose lei, perché nel Mondo non ci sono risposte, ma solo esperienze.

Restai in silenzio. Immobile. Tutto intento a fissare un punto imprecisato di quella semplicità del vivere e del vedere le cose, una semplicità che non m’apparteneva, una semplicità che non avevo mai avuto. Né percepito. Né immaginato. Restai lì, davanti a quel muro di domande che avevo eretto, e lei era come una voce debole oltre quel muro, mentre io ero lì, perso in un vuoto tutto mio, quel genere di vuoto da cui non se ne esce, se non a pezzi.

E com’è che si vive il mondo?, le chiesi. Era la domanda timida di chi, più d’ogni altra cosa, brama risposte.

Partendo, disse lei. Parti! Semplicemente, parti! Vai verso un qualcosa, e non fermarti finché avrai le forze, finché tutto non ti farà male, finché restare o andare saranno la stessa cosa, la stessa felicità, la stessa malinconia. Parti e non tornare mai, a nessun luogo, a nessun io, a nessuna persona, neanche a te stesso. Parti nuovamente verso ciò che ti sei lasciato alle spalle, se vuoi, ma non tornarci mai. Vai avanti e fallo finché non avrai più un’anima, e a quel punto, ma solo a quel punto, la tua anima sarà il Mondo e non ti farai più domande, perché sarai… sarai e basta!

Osservai in silenzio la semplicità di quella risposta, e il terribile baratro che m’apriva davanti. Mi sembrò di percepire il rumore di un’onda in lontananza, come l’arrivo di uno tsunami di certezze note, di verità conosciute e mai ascoltate.

Non c’è bellezza nella Verità, pensai. La Verità arriva e fa tabula rasa, la Verità è sempre contro! È un po’ come la Libertà, ti obbliga a crescere, se la vuoi vivere, a muover passi, emozioni, paure, ad accettare le cose, a riconoscere i tuoi limiti. I tuoi fallimenti.

E fu allora che lo sentii quel vuoto, lo stesso vuoto che si sente quando ci si estirpa la rabbia da dentro. È così che d’un tratto ci si trova completamente smarriti in ogni luogo, in piedi, nudi dentro cattedrali di Silenzio, persi dentro intere aree fatte di momenti da ricostruire, di sentenze da rivedere, di deserti senza orizzonti chiari, di consapevolezze fatte di anni passati a inseguire stupide mete; ed è lì che la vita passata diventa eco lontano, e tutto sembra perso in un qualche angolo di noi che non ha più così valore, se non quello del tempo perso dietro a un qualcosa che non era importante.

Mi passarono tutte davanti in un istante, le scuse plausibili che avevo accumulato in anni e anni di rimandare, di fare le guerre, di non sbucciarsi più le ginocchia, di vivere i giorni come la ripetizione di momenti noti, di restare immobile perché incatenato alle esigenze degli altri, senza mai veramente scegliere di stare qui, indifeso, pronto a fare un passo dentro a un Universo ignoto, freddo e senza mete, fatto solo di ideali, ricerca e movimento.

Lei mi osservava in silenzio. Aveva gli occhi stretti per affinare la vista, e me li sentivo scivolare sulla pelle come la punta affilata d’un coltello che t’accarezza, ma che non incide. Non era nervosa, né impaziente, ma anzi era quieta e attenta, come chi s’è messo in testa di soffrire la pazienza necessaria a osservare la bellezza d’un fiore che sboccia.

Cosa cerchi nel Mondo?, mi chiese rompendo il silenzio di quell’interminabile istante.

Cerco un contatto con la Vita, le dissi. Non mi basta più solo sentirne, talvolta, la voce. Vorrei assaporarla sempre sulla pelle, e attraverso Lei sentire anche quella degli altri, come se fossimo un corpo solo, fatto di piaceri e dolori. E risa. E sogni. E pianti. E silenzi. E tenerezze. E Vita, ancora Vita.

E fu allora che mi sorrise, da dietro quel muro. Lo percepii chiaramente anche se non potevo ancora vederla, la mia Vita, anche se lei non mi aveva mai staccato gli occhi dagli occhi nel corso di tutti i miei anni.

Adesso sai tutto quello che c’è da sapere, mi sussurrò. Il resto è solo vento, pioggia, acqua, sole, anime, ferite, dolori, sorrisi, paure, radure e deserti da attraversare per arrivare fin lì, proprio lì, in quell’angolo esatto di te che vive e che vivrà per tutto il tempo in cui lo cercherai.

Il Mondo è tutto lì.

D’un tratto, non so come, divenni pronto. Davvero non lo so, ma sentire fece tutta la differenza! Perché è così che si fa, mi dissi qualche anno dopo, si sceglie, si sceglie e basta, e non c’è nessuno più libero e più capace di vivere, di chi ha una scelta nel cuore e il desiderio sincero di compierla.

4 Comments

  1. Non ho parole… bellissimo. Ma bello, bello, bello, di quelle robe così belle che fanno male da quanto sono belle. Grazie per averlo scritto e per averlo condiviso.

  2. Penso tu sia irraggiungibile per diritto di nascita. I tuoi mondo sono bassi, complessi e veramente tanto tanto sensibili e li mostri come mostri tutto quello che fai, come se fossero tutte cose facili. Mi associo al commento sopra di Gianluca: la complessità più semplice mai letta. Grazie per quello che fai, sai ispirare il Bene negli altri, è un dono unico, e penso che pesi.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *